Reincarnazione 

e  RESURREZIONE  DEI  MORTI

 

Premessa: Tu che leggi, non credere a coloro che cercano prove per convincerti che dopo la morte non rimarrà più niente di te! Non rassegnarti all’eterno nulla, non li credere: è una menzogna!! Se hai nell’anima l’aspirazione a vivere per sempre, considerala come la testimonianza più eloquente della tua immortalità! Anche se la morte è una legge naturale, l'uomo ha il compito di conoscere i meccanismi intrinsechi alle leggi della natura e dominarli.
La Torah ti dice che il nostro è un D’ dei vivi, e in quanto essere vivente hai diritto a lottare contro la morte tua e dei tuoi cari e il dovere di lavorare insieme all’umanità per sconfiggerla!

 

Rendere immortali i nostri miti, le nostre divinità e i nostri idoli è un modo per esorcizzare la nostra inquietante paura della morte.
Questa dinamica umana è così largamente diffusa che si verifica periodicamente nel corso della storia, prendendo di volta in volta sfumature diverse legate al contesto culturale che le ha prodotte. Che si tratti di Gesù risorto dai morti, del Rebbe di Lubavich mai morto con cui tutti possono ancora comunicare, di Elvis Presley che vive nascosto o di Michael Jackson che molti fans testimoniano di vedere, ci troviamo dinanzi allo stesso fenomeno: non è possibile accettare la morte di una divinità o di un messia; se la morte ha annientato un immortale, l’idolo rimane un semplice mortale come noi tutti…e questo significa veder crollare in un solo istante tutta l’immensa impalcatura di speranze riposte in lui, e rimanere senza risposte ai quesiti che pensavamo aver definitivamente risolto.

Questo è talmente vero che lo stesso Paolo di Tarso arrivò a definire vana la fede in Gesù nel caso in cui egli non fosse veramente risorto; inoltre bisogna ricordare che primi cristiani erano convinti che non sarebbero morti e, quando cominciarono a vedere che le persone continuavano a morire anche dopo al “resurrezione” del loro maestro, dovettero trovare una nuova spiegazione al fatto che la speranza ebraica della resurrezione dei morti non coincideva con la venuta del presunto Messia: non aveva promesso Gesù ai suoi discepoli che chi avrebbe creduto in lui non sarebbe morto come i padri nel deserto? Se lui era il Messia perché le persone continuavano a morire?

La resurrezione dei morti infatti è una credenza profondamente radicata nel popolo ebraico ed è ancora oggi vista come l’evento più importante legato alla venuta del Messia.

 

 

La speranza della vita dopo la morte è antica quanto l’uomo: da sempre, in ogni civiltà e cultura, l’uomo ha cercato di darsi una spiegazione della morte, relegando la continuità della vita oltre la sfera del tempo e dello spazio reale.
L’ebraismo ha elaborato invece una concezione meno spiritualistica, che prevede una resurrezione fisica dei morti.

Sebbene l’ebraismo abbia sviluppato una corrente esoterica nei circoli chiusi dei kabballisti che vede il mondo come un’immensa catena di vite che tornano e ritornano, come un riciclaggio di cicliche reincarnazioni delle stesse anime, ciò che più caratterizza il pensiero ebraico in materia di vita e di morte è la credenza nella resurrezione dei morti.
La resurrezione dei morti costituisce uno dei 13 principi della fede ebraica stilati da Rambam, al quale ogni ebreo è tenuto ad aderire con assoluta certezza e convinzione.

 

 

REINCARNAZIONE E GHILGUL

 

La scienza non ha ancora trovato la soluzione alla malattia, la sofferenza, la morte…
Le religioni hanno offerto delle spiegazioni ultraterrene e metafisiche che sono state definite “oppio dei popoli”, in quanto hanno cercato di sedare le scottanti domande sulla vita e la morte. Nel peggiore dei casi le religioni, nelle loro espressioni più fondamentaliste, fanno richiesta della vita in nome di un ideale superiore.

L’esistenza del male è la condizione necessaria all’esercizio del libero arbitrio: se esistesse solo il bene non ci sarebbe scelta di un’opzione, e se non c’è possibilità di scelta non c’è libertà, e senza libertà noi siamo tutti come robot programmati. La possibilità di scelta ci fa crescere ed evolvere; l’umanità non è statica, è in continua crescita e sviluppo verso un perpetuo superamento.

Tuttavia noi tutti siamo spettatori delle intollerabili ingiustizie di questo mondo, i malvagi proliferano e i giusti soffrono…la Torah ci insegna che, malgrado le apparenze, c’è un’intrinseca e incomprensibile logica nella diversità dei ruoli e dei destini.

La kabbalah spiega la presenza del male come una conseguenza delle nostre cattive azioni che siamo costretti in qualche modo a riparare in vista di ristabilire l’unitaria armonia cosmica. Questa riparazione avviene per mezzo dei cicli delle rinascite.

Reincarnazione è il termine italiano con cui si traduce la parola ebraica “ghilgul” che significa letteralmente “ruota, ciclo”.
Un’opera colossale è stata redatta da Haiym Vital, discepolo dell’Ari Hakadosh, basata sull’insegnamento del Maestro relativo ai cicli della reincarnazione delle anime.


Lo Zohar interpreta diversi versetti della Torah alla luce della reincarnazione; ne citiamo un paio ad esempio:

 “Una generazione va, una generazione viene ma la terra resta sempre la stessa” (Qoelet 1,4)

Zohar dice che è sempre la Torah parla della stessa generazione di anime che ciclicamente ritornano in corpi nuovi.

 “D’ Punisce la colpa dei padri fino alla terza e alla quarta generazione”
(Esodo 20,5)

Lo Zohar considera questo versetto come una delle tante testimonianze bibliche della reincarnazione: un’anima torna nei suoi stessi discendenti per riparare le colpe degli avi, cioè da lui stesso commesse nel corso delle sue molteplici trasmigrazioni.
Scopo di questo ritorno è la riparazione degli scompensi e squilibri che abbiamo causato nel mondo con le nostre cattive scelte e azioni, ma anche apportare un contributo alla restaurazione del mondo intero.

Gli studi del DNA ci hanno costretto a prendere atto dell’ereditarietà, della lunga catena di vite e di storie di cui riceviamo passivamente le connotazioni fisiche, psicologiche, spirituali. Qui va cercata la causa delle malattie non solo biologiche, ma anche mentali e parapsicologiche. 

Dice rav Berg: “Quando Einstein ha sviluppato la sua teoria della relatività, ha distrutto molti fondamenti della fisica annunciando che il tempo non era invariabile. Dicendo questo, ha aperto la porta alla possibilità  dell’esistenza della reincarnazione”

La morte concerne il corpo, l’anima è eterna ed immortale.
La morte è dissoluzione degli elementi chimici, la morte è de-composizione, cioè scomposizione organica…la scienza ci dimostra che gli elementi chimici che compongono la materia, nostro corpo compreso, sono eterni.
I cicli della natura sono una perenne composizione, scomposizione e ricomposizione degli stessi elementi di base.

Le anime tornano per operare una riparazione, un Tikkun, che non è semplicemente un’espiazione dei peccati commessi durante un’esistenza passata, ma una fase successiva di avanzamento nella costruzione del mondo.

Questa restaurazione del mondo spesso avviene in coppia: le anime gemelle sono due metà di un’unica anima che tendono a cercarsi nel corso delle reincarnazioni e a ricongiungersi. Questo spiega perché l’amore fra un uomo e una donna è l’argomento universale e a-temporale più cantato da tutte le generazioni, fonte di ispirazione delle più grandi opere letterarie e artistiche di tutti i tempi. Un’anima non è completa finché non si riunisce alla propria metà, ma non è dato a tutti di ritrovarla nell’arco di una sola vita.

 

LA RESURREZIONE DEI MORTI

L’idea di vita eterna e immortale è uno dei concetti più antichi dell’ebraismo. Ma non si tratta solo di una speranza che sarà premiata e colmata una volta varcato questo nostro mondo; si tratta dell’attesa di un evento che dovrà compiersi materialmente in questo universo fisico.

Ma se moriamo e tutto ciò che avremo fatto si perderà nel nulla, perché faticare tanto? Soltanto per lasciare qualche debole traccia in questo mondo, sperando di continuare a vivere nel ricordo di qualcuno? E quando quel qualcuno che ci trattiene come frammento della propria memoria morirà a sua volta, cosa resterà di noi e di ciò che siamo stati?

L’uomo vuole vivere, e questo dimostra che egli è fatto per vivere eternamente; e se è vero che ci sono persone che decidono di uccidersi è perché semplicemente non hanno trovato le risposte alle domande appena formulate.

Nella nostra cultura non si parla più della morte, o meglio se ne parla tentando di esorcizzarla…cerchiamo di allontanare la sua inquietante realtà o dimenticandola o cercando di rendercela desiderabile.

Per l’ebraismo la morte è un ostacolo temporaneo, destinato ad essere definitivamente abbattuto. La morte è una non-verità, una menzogna contro la quale l’uomo ha il dovere di lottare. Noi abbiamo il dovere di dominare e soggiogare tutte le forze ostili che si oppongono alla piena realizzazione del progetto divino che portiamo in noi, ivi compresa la morte.
E questa non è astratta filosofia: Israele è il popolo che ha fatto più volte l’esperienza concreta della resurrezione dai morti; durante la sua difficile e lunga storia disseminata da continue persecuzioni e tentativi di sterminio, il popolo d’Israele ha dimostrato una forza di rigenerazione che non ha eguali nella storia del genere umano! La prova più recente è la rinascita di questo popolo nell’antica terra dei suoi padri a partire dalle ceneri della Shoah.
Il popolo d’Israele continua a rinnovarsi con creatività per essere testimone vivente che la morte è un ostacolo che l’umanità imparerà a sconfiggere.

Per l’ebraismo l’immortalità non è solo una credenza religiosa, ma il nostro futuro terreno. Non è utopia, ma paziente attesa del nostro destino.

Secondo il pensiero di Rav Kook, che si radica nella tradizione kabballistica e hassidica e negli scritti dei grandi Maestri dell’ebraismo che lo hanno preceduto,
l’uomo aspira essenzialmente al Bene, la sua anima è attratta dall’infinito e intuisce le insondabili estensioni dell’eternità. La sua ricerca del Bene sarà possibile soltanto quando avrà raggiunto la libertà somma, sgombera dal peso ossessionante e alienante della sofferenza e della morte.
L’aspirazione al Bene non è solo una caratteristica umana, ma è un anelito cosmico che coinvolge tutte le forme di vita animate e inanimate: tutto ciò che esiste in questo universo è animato da una costante esigenza di superamento e tensione verso il pieno perfezionamento, un processo di elevazione in perpetuo divenire…

La paura della morte è alla base d’ogni nostra inquietudine esistenziale, è quella costante presenza in sordina che cerchiamo di annichilire buttandoci in un rumore di vita abbastanza forte per azzittirla.
Secondo Rav Kook, in quanto negazione, fine e annientamento dell’essere, la morte è un’assurdità anti-divina che deve essere superata, non nell’aldilà ma in questo nostro mondo terreno. E’ l’incapacità di accogliere l’infinito che ci rende mortali. La vita è una lotta contro la morte e l’uomo nato per la vita è chiamato a sconfiggerla in modo concreto. La morte è un difetto provvisorio all’interno della creazione al quale l’uomo prima o poi troverà rimedio, attraverso la conoscenza esoterica della mistica ebraica e la ricerca scientifica che sta ormai diventando sempre più pura metafisica…
E’ vero che la scienza è ancora ben lontana dal fornirci la formula matematica dell’eternità e che noi forse non saremo più qui per goderne; ma dobbiamo sapere che anche noi possiamo contribuire a questo processo universale di immortalità, imparando a sconfiggere in noi e negli altri le cause della morte sia fisica che spirituale: come combattiamo le malattie fisiche con terapie e medicine, così dobbiamo combattere le malattie dell’anima con le cure e i medicamenti appropriati che la Kabbalah ci fornisce.

 

(questo argomento è sviluppato all’interno del testo “Liberazione dall’Egitto Interiore, il diritto di essere se stessi” di prossima pubblicazione.
Chi desiderasse ordinarlo può farne richiesta tramite posta elettronica al nostro indirizzo:
kabballart@gmail.com )

 

 

 

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